La città è ancora la migliore soluzione di vita per le famiglie? Ni. Qualsiasi conformazione abbia il nucleo famigliare, indipendentemente dalla età o livello di istruzione forse è arrivato il momento di chiedersi se vivere in città sia la unica opzione sul tavolo. Il fenomeno dell'inurbamento è da sempre legato alla maggiore offerta lavorativa e di servizi che un contesto urbano offre. Scuole, ospedali, opportunità di impiego sono dunque i criteri che hanno guidato le scelte ma oggi è ancora così oppure i criteri stanno cambiando? Vivere fuori dalla città significa ancora pendolarismo, consumo del suolo incontrollato, servizi sanitari e scolastici non facilmente accessibili ?La pandemia ci ha insegnato che si può lavorare e studiare a casa, un cambio forzato dalla necessità ma molti non vorrebbero tornare al sistema lavorativo precedente ma gli studenti hanno bocciato la famigerata DAD che si è rivelata il detonatore di un sistema scolastico che arrancava da tempo oltre che avere peggiorato la solitudine sociale in cui vivono i giovani. Nuovi criteri avanzano però: slegare il luogo di lavoro dal luogo di vita, cambiare la somministrazione dei servizi base sanitari sul territorio grazie alla telemedicina ed alla capillarità dei presidi medici per non oberare gli ospedali. Basterà per cambiare rotta, cambiare il tessuto sociale e scelte di vita? Abitare in città non sembra avere fatto bene alle famiglie sempre più sole ed isolate con i propri problemi quotidiani da risolvere, avere servizi ed opportunità vicini non significa necessariamente una qualità di vita migliore evidentemente.
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Infografica "La solitudine delle famiglie" realizzata da http://archigealab.blogspot.com/ |
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